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EMARGINAZIONE. COS’E’ L’EMARGINAZIONE? L’emarginazione è il cacciar via qualcuno dalla società, o l’impressione di poterlo espellere da essa. Diciamo.

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1 EMARGINAZIONE

2 COS’E’ L’EMARGINAZIONE? L’emarginazione è il cacciar via qualcuno dalla società, o l’impressione di poterlo espellere da essa. Diciamo “impressione” perché l’emarginato, nonostante tutto, continua a far parte della società, anche se in condizioni particolari. È escluso dalla vita normale della società; ma, finché vive, è in essa, e, se non è più veramente un cittadino, resta pur sempre un essere umano. L’emarginato, oggi, è quello che era un tempo l’esiliato, il bandito, il folle scacciato dalle persone “sane”, il derelitto, il reietto di ogni tempo. Emarginato è il mendicante costretto ad implorare l’elemosina su un marciapiede, il giovane che si sente rifiutato e incompreso e cerca rifugio nei paradisi artificiali delle sostanze psicotrope (che cambiano la psiche, sconvolgono la mente e conducono alla malattia e alla morte), il disoccupato che invoca invano un lavoro; emarginato, insomma, è chi viene respinto ai margine, ai bordi della società senza sua colpa o anche perché colpevole. La società, per difendere se stessa dalla pericolosità o inutilità di certi suoi membri, li rigetta. È giusto che la società si difenda: però non è giusto che si sia sempre pronti a gridare, inveire contro chi appare “estraneo”, “diverso”, quindi nocivo. E poi resta sempre aperto il problema di recuperare, se possibile, chi è stato emarginato. Perfino chi ha commesso orrendi delitti, per i quali è stato condannato a lunghi anni di carcere o addirittura all’ergastolo, dovrebbe avere la speranza della riabilitazione. Perfino un malato di mente dovrebbe avere la possibilità di essere riaccolto, un giorno, nella comunità, se si abbia motivo di ritenere che la malattia sia cessata.

3 Si sente spesso parlare in televisione, sui giornali e anche su internet di emarginazione: la condizione di chi viene messo ai margini della società e viene escluso dai rapporti sociali o nei casi più gravi gli vengono negati i diritti civili. Questo fenomeno negativo ha da sempre caratterizzato la storia dell’umanità. Il più noto caso di emarginazione è quello degli Ebrei, portato avanti dal nazismo di Adolf Hitler, venivano trattati in modo disumano e poi uccisi perché considerati inferiori rispetto alla razza ariana. Quando parliamo di diverso associamo questa parola ad un qualcosa di anomalo, che appunto non rientra nella normalità. Eppure la diversità può rappresentare solo piccole sfaccettature, originali e distanti da quello a cui noi siamo abituati. Secondo recenti studi, infatti, la paura di una figura che per noi non esprime la normalità non proviene da un istinto naturale dell'uomo, ma bensì da quello che afferma e rispetta la maggioranza della società; scatena terrore ciò che viene fatto o viene espresso da coloro che sono percepiti come minoranze. Questa percezione porta, purtroppo, alla discriminazione, all'oppressione, all'insulto verso chi si ha di fronte. E tutto ciò esprime una realtà che non appartiene solo al passato. Sarebbe bello, per quanto possa essere definito tale, associare il fenomeno della discriminazione, del razzismo solo al passato, quando a combattere c'erano erano come Gandhi, Mandela o si percorrevano le marce pacifiste al fianco di M.L. King, per i diritti civili di coloro che erano considerati i "diversi", gli afroamericani.

4 Ogni essere umano è portato all’aggregazione in gruppi e collettività, di piccole o grandi dimensioni. La socializzazione è una pratica irrinunciabile per ogni essere umano. Prima si socializza con la madre, poi con l’intera propria famiglia, si passa quindi ai coetanei, agli amici in contesti come la scuola, le organizzazioni sportive e religiose. Nonostante la socializzazione (inclusione, accettazione sociale), l’uomo sperimenta lo stato di solitudine, a livelli diversi d’intensità, secondo modalità diverse. Nell’ambiente rurale resistono tuttora le pratiche di buon vicinato, la comunicazione è prossima al livello amicale, la vita ha ritmi rilassati e relazioni soddisfacenti. Al contrario, l’ambiente urbano spersonalizza le relazioni umane, allontana le persone, utilizza il mezzo di comunicazione proprio del denaro e del mercato. In questo contesto sociale, i legami tra le persone diminuiscono fino a perdersi, facendo aumentare l’individualismo e il senso di isolamento: il terreno più fertile per il senso di solitudine (così come lo si conosce comunemente). Gli amici più fedeli sembra che siano diventati il “tablet” o lo “smarphone”, per quello che si vede nei locali pubblici, negli uffici, in auto, per strada. Relazioni virtuali al posto di quelle tradizionali.

5 L’EMARGINAZIONE A SCUOLA La scuola è la nostra compagna di vita, fa i primi passi con noi, ci vede crescere, ci vede piccolini, ci prende per mano e ci accompagna fino a quando siamo grandi. Ci insegna a riflettere e ci fa conoscere il mondo nelle tante sfaccettature, ma siamo sicuri che nella vita di tutti la scuola sia sempre un’alleata, la migliore amica o una mamma che ti fa crescere? Purtroppo no, infatti, nelle scuole, da quelle elementari fino alle superiori, spesso si verificano fatti di emarginazione e atti di bullismo. Alcuni di questi a volte sono diventati anche fatti di cronaca mentre altri non vengono alla luce perché ritenuti meno gravi, trattandosi di un bullismo più mascherato ma non per questo meno nocivo. Quello della scuola è un periodo della vita molto lungo e importante, in cui si cresce, si fanno amicizie, si socializza. Oppure, purtroppo, si sperimenta l’esclusione dal gruppo e gli scherni dei compagni. Non mancano infatti i ragazzi che nella loro carriera scolastica hanno subito emarginazione. Può iniziare nei primi anni delle elementari con l’esclusione dai giochi o con prese in giro gratuite e senza senso. La causa può essere un apparecchio ai denti, gli occhiali o semplicemente il non riuscire nei giochi come gli altri, per esempio non riuscire a giocare a palla o correre perché si è cicciottelli. Tutti questi episodi, all’apparenza trascurabili, sono per un bambino delle grandi umiliazioni di cui spesso non ci si rende conto e che possono avere conseguenze sul suo stato psicologico perché con gli anni gli fanno perdere sicurezza e autostima. In genere questa situazione permane in seguito alle scuole medie e alle superiori. E può capitare che il bambino, ormai cresciuto, si chiuda nell’insicurezza, tenda a non credere più nel mondo e arrivi ad autoconvincersi di essere un diverso

6 Il fenomeno dell’emarginazione in classe si verifica quando uno o più alunni/e vengono lasciati da parte e non integrati nelle dinamiche del gruppo. Questa disfunzione relazionale si verifica più comunemente all’interno del gruppo delle ragazze, più inclini al pettegolezzo e all’esercizio della violenza psicologica, rispetto a quella fisica. Gli alunni emarginati in qualche modo risultano dissonanti rispetto alle regole del gruppo, per il loro aspetto fisico oppure per caratteristiche del loro modo di porsi. Le caratteristiche fisiche non sono necessariamente difetti, un motivo di emarginazione può essere infatti per un ragazzo il fatto di portare i capelli lunghi o per una ragazza quello di portali corti con un taglio maschile. Anche il modo di vestirsi facilmente diventa motivo di discriminazione, specie se lo stile viene considerato “antiquato” o troppo misero in un gruppo classe in cui il di vestirsi bene è un status symbol al quale viene attribuita molta importanza. Motivo di emarginazione può essere anche la famigliarità con un insegnante che lavora nella scuola. Sino a qualche anno fa, il fatto di essere studenti diligenti, i così detti “secchioni”, si aggiungeva ai motivi sopra esposti, anzi era uno dei principali. Ora le cose sono un po’ cambiate: il successo scolastico non è più un’onta, specie se è unito ad un gradevole aspetto fisico e un modo di vestirsi alla moda. Al contrario essere bravo è divenuto una caratteristica ambita dai leader della classe, che amano emergere nel gruppo anche per le valutazioni più alte.

7 Io frequento una piccola scuola in un piccolo paesino e grandi problemi non ci sono mai stati… Ma non mancano gli atti di bullismo. L’emarginazione non è un problema che mi riguarda personalmente,anche perché sono una persona piuttosto aperta e amo chiacchierare, insomma in un gruppo riesco sempre ad emergere; ma alcuni miei compagni non sono come me. Vedo compagni che a volte durante i momenti di pausa restano isolati o per alcune loro caratteristiche fisiche e comportamentali o perché non sono molto aperti; e proprio per questo le persone tendono ad allontanarle. In queste persone c’è il mondo più bello e quando diventi una loro amica tirano fuori tutta la loro « voce» e si fanno sentire aprendosi al mondo, tirando fuori tutto ciò che negli anni precedenti hanno tenuto nascosto, un mondo che prima tu non conoscevi e grazie a loro hai imparato. Anche io a volte sono stata esclusa da alcune mie compagne che credevo mie amiche e che ad un certo punto mi hanno girato le spalle… Ma fortunatamente ho avuto al mio fianco amiche vere che non mi hanno mai girato le spalle. Io non ho molto dato peso a queste persone anche perché ho capito che le vere amiche che cisaranno anche nella vita erano le amiche che in quel momento erano con me a divertirsi. Io conosco bene la sensazione di quando qualcuno si sente emarginato. Non è una bella sensazione ma una cosa che capisci quando sei emarginato da un gruppo è che riesci a vedere gli amici che per anni ti hanno sfruttato deridendoti alle spalle e gli amici che ora sono lì a consolarti, ed è in quel momento che riconosci i veri amici che ti danno la forza per rialzarti.

8 GLI IMMIGRATI E L’EMARGINAZIONE L’emarginazione è un fenomeno che coinvolge migliaia di persone nel nostro Paese, non solo migranti, persone invisibili agli occhi dello Stato, per le quali risulta spesso difficile anche accedere alle cure e all’assistenza fornite dal Servizio Sanitario Nazionale; la malattia del resto è certamente uno dei molteplici fattori che determinano l’emarginazione sociale di un individuo, soprattutto quando risulta problematico usufruire dell’assistenza di cui si necessita, nonostante la salute sia un diritto riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, previsto dall’articolo 32 della Costituzione Italiana e le cure in Italia siano accessibili, per legge, a tutti. Tale variazione è da addurre ad una serie di elementi discriminanti, uno dei quali è certamente l’acquisizione, nel tempo, di stili di vita ed abitudini in grado di favorire l’insorgere di alcune malattie croniche, la cui incidenza tra gli stranieri di recente immigrazione è, invece, piuttosto bassa. I dati evidenziano altresì come l’insorgenza di malattie croniche e la percezione negativa dello stato di salute, siano più frequenti tra le persone che vivono in difficoltà economiche e hanno un basso livello di istruzione, il che sembrerebbe confermare la marginalità sociale ed economica quale fattore di ostacolo all’accesso alle cure, soprattutto a quelle preventive. Se gli immigrati, almeno dal punto di vista fisico, sembrerebbero godere di buona salute, una circostanza estremamente complessa da affrontare è senza dubbio la salute mentale dei migranti. Molti di coloro che giungono in Italia possono soffrire l’eradicazione culturale, la lontananza dai propri cari e dai propri affetti o, nel caso dei migranti che provengono dai Paesi del Medio Oriente e dell’Africa Sub-Sahariana attraverso il Mediterraneo, patire il lungo percorso, i pericoli incontrati e le violenze subite.

9 Del resto gli stranieri residenti all’estero rappresentano un gruppo vulnerabile per molti disturbi psichiatrici: esiste infatti un’ampia convergenza di opinioni, nella letteratura scientifica, sull’idea per cui la migrazione sia un processo associato a diversi fattori di stress con impatto potenzialmente negativo sulla salute mentale: le difficoltà che possono venire a crearsi, allorché la persona straniera provi ad inserirsi nel tessuto socio-economico del Paese di destinazione, possono costituire elementi di aggravio per la precarietà dell’equilibrio mentale della persona. Dunque: immigrazione, emarginazione e salute sono senza dubbio argomenti reciprocamente connessi e legati, ciascuno di essi, a fattori in grado di condizionare la realizzazione di una società più equa e sostenibile dal punto di vista umano; nella fattispecie, abbattere le barriere sociali e culturali che limitano l’accesso dei migranti alla sanità pubblica, vorrebbe dire, senza alcun dubbio, porre un piccolo tassello per una società più inclusiva.

10 L’EMARGINATO DURANTE IL MEDIOEVO. L’uomo emarginato non appare explicite nei documenti della coscienza sociale medievale. Manca negli scritti che analizzano le divisioni sociali dell’alto Medioevo; non è presente in quelle opere che illustrano «i ceti di questo mondo»; è assente nel quadro tardo-medievale della «danza della morte», dove uno scheletro organizza la sfilata dei gruppi e delle categorie sociali di quel tempo. Eppure, egli è presente nella vita delle società medievali come risultato della negazione individuale o di gruppo dell’ordine dominante, delle norme accettate di convivenza, delle regole e delle leggi vigenti. Si ha così un mondo sociale an sich, in verità poco unito all’interno, ma che la società percepisce come diverso. La tavolozza di tale diversità è ricca sia per quanto riguarda le varie attività o categorie, che in mancanza di altro termine possiamo definire professionali, sia per quanto riguarda la scala di separazione in rapporto alla società costituita. Gli emarginati ci vengono presentati dalla letteratura medievale come pure dall’arte di quell’epoca; contro di loro si rivolge la letteratura religioso-morale nonché la legislazione statale, ecclesiastica o municipale: assenti negli archivi della coscienza sociale, gli emarginati sono più che presenti in quelli giudiziari e polizieschi.

11 Tra i deboli e gli emarginati nella società medievale il primato spetta senz’altro agli ebrei. Essi non vennero mai integrati, sulla base della profezia dei Vangeli, che avevano annunciato la distruzione di Gerusalemme e la dispersione del popolo ebraico: nella loro diversità si vedeva la conferma “storica” della divinità di Gesù. D’altra parte, essi rimanevano il popolo che “aveva messo a morte Cristo” e che covava un’irriducibile ostilità verso i cristiani. Di conseguenza i “perfidi giudei”, come venivano chiamati, non potevano avere mogli o servi cristiani, né entrare a far parte di Corporazioni o accedere alle magistrature cittadine. Erano privi di diritti politici e costretti a vivere fuori dalle mura cittadine o in quartieri a loro riservati. Da queste zone di residenza coatta si svilupperanno in età moderna i “ghetti” (da gheto – a sua volta da ghetàr, “gettare, fondere” –, nome di una fonderia veneziana che si trovava sull’isola assegnata nel 1526 agli Ebrei). A gli ebrei, poi, non era concesso prendere liberamente domicilio dove volessero: erano tenuti a procurarsi un’autorizzazione e a versare una tassa. Il VI concilio Lateranense (1213) li obbligò infine a portare sul vestito un segno distintivo, grazie al quale potessero essere immediatamente individuati come tali. Accanto agli ebrei, i malati di lebbra dovettero subire durante il Medioevo le conseguenze di una dura discriminazione. Il lebbroso, ritenuto portatore di un morbo inguaribile e contagioso, non soltanto risvegliava orrore per la menomazione fisica e le mutilazioni che ne deturpavano l’aspetto, ma suscitava anche una reazione di rifiuto e di condanna morale ai limiti della superstizione: la sua malattia era vista come la manifestazione visibile, e la punizione, di una colpa nascosta.

12 Ma esistevano ancora altre categorie di emarginati: per esempio, gli stranieri, avvertiti spesso come una minaccia a causa delle differenze di aspetto, di lingua, di abitudini, o gli infermi inguaribili, come storpi, cechi e ammalati di scrofola. Benché nella struttura gerarchica feudale fosse stato loro riservato un posto, i contadini, la cui esistenza si consumava all’interno di comunità chiuse, legate al lavoro dei campi, vennero anch’essi lasciati ai margini della società tardo-medievale: fra gli abitanti delle città, ricchi, colti, padroni del proprio destino, e i “rustici”, poveri e ignoranti e pesantemente sfruttati si apriva un abisso incolmabile. Per finire, nel libro nero dell’emarginazione medievale troviamo naturalmente le donne e i bambini: se le prime scontavano da tempo immemorabile il pregiudizio che le considerava inferiori alla controparte maschile, nei secondi ci si limitava a vedere adulti imperfetti, esseri in se stessi incompiuti e incapaci, trattati alla stregua di dementi.

13 L’EMARGINAZIONE DURANTE LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE La Rivoluzione francese, fu un periodo di radicale e a tratti violento sconvolgimento sociale, politico e culturale occorso in Francia tra il 1789 e il 1799, assunto dalla storiografia come lo spartiacque temporale tra l'età moderna e l'età contemporanea. Evento estremamente complesso e articolato nelle sue varie fasi, le principali e più immediate conseguenze furono l'abolizione della monarchia assoluta, la proclamazione della repubblica con l'eliminazione delle basi economiche e sociali dell'Ancien Régime, ovvero del sistema politico e sociale precedente, ritenuto responsabile dello stato di disuguaglianza e povertà della popolazione subalterna, e l'emanazione della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, futuro fondamento delle costituzioni moderne. Sebbene terminata con il periodo imperiale-napoleonico e la successiva Restaurazione da parte dell'aristocrazia europea, la Rivoluzione francese, insieme a quella americana, segnando il declino dell'assolutismo, ispirò le successive rivoluzioni borghesi liberali e democratiche del XIX, dando definitivamente impulso alla nascita di un nuovo sistema politico basato sul concetto di Stato di diritto o Stato liberale, in cui la borghesia divenne la classe dominante, prodromi a loro volta della nascita dei moderni stati democratici del XX secolo.

14 Parteciparono alla rivoluzione anche i contadini e tutti coloro che nelle campagne furono emarginati per un differente stile di vita. Furono loro,con le loro proteste, a scatenare la rivoluzione che vide poi i due sovrani ghigliottinati. Furono proprio loro ad iniziarla e a portarla avanti con varie proteste.

15 HEMBERT MARCUSE E LA RIVOLUZIONE DEGLI EMARGINATI Quando Herbert Marcuse, nel 1964, pubblicò uno delle sue più celebri opere, L’uomo a una dimensione, intendeva descrivere in modo critico lo sviluppo socio-politico, dell’individuo che vive in una società monodimensionale, giustificata e legittimata da una filosofia a una dimensione.La società che ci presenta il filosofo, è una società priva di ogni forma di opposizione, vale a dire un’organizzazione che ha totalmente paralizzato l’aspetto critico, mediante coercizione fisica e psicologica che rispondono ad una complessa logica del dominio; ovviamente i sistemi socialdescritti da Marcuse che assurgono alle manifestazioni totalitarie, criticano, in modo specifico, la società industriale e tecnologica, organizzata, secondo l’autore, per conseguire un dominio sempre più efficace sull’uomo e sulla natura, per sfruttarne in modo più produttivo le risorse,manipolando e limitando i bisogni dell’uomo. Quando si giunge a questo punto, “ la dominazione-sotto specie di opulenza e di libertà- si estende a tutte le sfere dell’esistenza”, una società capace di reprimere ogni mutamento qualitativo, con raffinate tecniche di controllo, dando all’uomo l’illusione della liberta: “Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non libertà prevale nella civiltà industriale avanzata”. Tuttavia, è anche vero che lo sviluppo del capitalismo, ha mutato le condizioni della classe oppositrice, integrandola nel sistema, limitandone al massimo, il fattore di trasformazione storica; dunque la lotta per il cambiamento deve modernizzare i mezzi di protesta e incanalare i nuovi attori sociali. Esistono gruppi sociali, che rappresentanola prova autentica, che questo tipo di società industrializzata e capitalista, è un’effimera società del benessere. “Al di sotto della base popolare conservatrice vi è il sostrato dei reietti e degli stranieri, degli sfruttati e dei perseguitati, di altre razze e altri colori, dei disoccupati e degli inabili. Essi permangono al di fuori del processo democratico; la loro presenza prova quanto sia immediato e reale il bisogno di porre fine a condizioni e istituzioni intollerabili. Perciò la loro opposizione è rivoluzionaria anche se, non lo è la loro coscienza. La loro opposizione colpisce il sistema dal di fuori e quindi non è sviata dal sistema; è una forza elementare che viola le regole del gioco, e cosi facendo mostra che è un gioco truccato”.

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17 L’EMARGINAZIONE DURANTE IL COVID-19 Alberto Sinigallia è il presidente della Fondazione Progetto Arca, onlus “specializzata” nelle emergenze sociali. Nei suoi centri accoglie senza dimora, immigrati, famiglie sfrattate e a tutti gli emarginati. Nelle scorse settimane le unità di strada di Progetto Arca hanno collezionato fino a 14 uscite settimanali, contro le due in media dei tempi pre covid-19. Tra Milano, Roma e Napoli, Progetto Arca sta consegnando pacchi di alimenti a oltre mille famiglie. L’obiettivo nelle prossime settimane è di raddoppiare, continuando a garantire un pasto completo ed equilibrato al giorno a ogni persona raggiunta. Al pacco viveri - che contiene pane, olio, pasta, sugo, tonno, biscotti, latte e altri prodotti di prima necessità a lunga conservazione - si aggiunge anche una spesa di alimenti freschi ogni settimana per i più fragili che non possono provvedere al proprio sostentamento e non possono uscire per fare la spesa. Prevediamo che nei prossimi mesi ci sarà un raddoppio delle persone che finiranno per vivere in strada: hanno per il lavoro e poi perderanno la casa”. Soprattutto le grandi città, prevede il presidente di Progetto Arca, dovranno affrontare un aumento vertiginoso degli sfratti. “Ci sarà poi il problema dei profughi ospiti nei Cas -aggiunge-. In queste settimane le Commissioni territoriali che valutano le richieste d'asilo si sono fermate. Ma quando ripartiranno si sentirà molto forte l'effetto dei decreti Salvini, in particolare il fatto che sia stata abolita la protezione umanitaria. Prevedo centinaia di migranti ai quali verrà respinta la domanda e che, non potendo più fare ricorso, finiranno in strada”.

18 Il coronavirus si è diffuso in tutto il mondo e sono si sono diffusi comportamenti discriminatori non solo verso i cinesi ma nei confronti delle comunità asiatiche, rilevano diversi studiosi interpellati dalla France Press. C'è stato un picco di segnalazioni di retorica anti-cinese le cui vittime sono persone di origine asiatica, indipendentemente dal fatto che siano mai state o meno in Cina o nella città focolaio dell'epidemia o in qualche modo a contatto con il virus, anche in Italia. Ci sono notizie di turisti cinesi rifiutati a Venezia, una famiglia di Torino è stata accusata di essere portatrice della malattia, una studentessa cinese fatta scendere da un bus a Cuneo, e alcune madri di Milano hanno chiesto attraverso i social media che i bambini fossero tenuti lontani dai compagni di classe cinesi. A causa di questa malattia la maggior parte dei cinesi viene emarginata dalle persone di stati diversi;

19 Quella che stiamo vivendo in questi giorni è una tragedia collettiva, continuiamo a ripeterci. Nella Covid-19 non ci sono privilegiati a cui è concesso di continuare normalmente la propria vita e condannati a cui è richiesto di cambiare in toto le proprie abitudini: siamo tutti sulla stessa barca, una barca in un mare in tempesta, e a tutti sono richiesti gli stessi sacrifici, in una sorta di mal comune mezzo gaudio che nella sua drammaticità può aiutare a farci forza. Eppure va da sé che queste settimane di pandemia, con tutto quello che si stanno portando dietro, hanno impatti differenti sui differenti profili sociali. Il Covid-19 è una tragedia globale, che ci riguarda tutti, ma è anche una tragedia soggettiva, nel senso che la sua violenza è variabile. Non esiste la grande livella, quando si parla di virus. I precari, tra gli altri, usciranno maggiormente sconfitti da questa situazione, perché la sospensione lavorativa avrà effetti molto più netti sulle loro finanze e la loro sopravvivenza: perché l’accesso alle cure sanitarie e psicologiche sarà economicamente più difficile, perché il contesto abitativo in cui si trovano renderà la quarantena meno sopportabile rispetto a chi può permettersi una villetta a schiera con giardino. Ma al di là di queste disuguaglianze attuali e, soprattutto, future, che riguardano la società visibile, un altro dramma si sta consumando lì dove tendenzialmente lo sguardo non arriva, nel mondo degli ultimi, degli emarginati. Dei soggetti già fragili. Un mondo sommerso, già tormentato nella normalità, ancora più messo in ginocchio ora.

20 Il paradosso più significativo di questi giorni riguarda le denunce nei confronti dei senza dimora e degli emarginati dalla società. colpevoli di stare all’aperto quando le ordinanze chiedono di non uscire. Una concretizzazione della scritta homeless go home diventata virale grazie alla sua assurdità. Di fatto si chiede a chi una casa non ce l’ha di stare a casa, mettendo il dito nella piaga di fragilità con cui queste persone sono già costrette a confrontarsi. In queste settimane, per scongiurare gli assembramenti, sono peraltro state chiuse diverse mense, sono stati limitati gli accessi ai dormitori, e alla distribuzione dei pasti caldi si è sostituita l’offerta in qualche piazza di alimenti essenziali da consumare a distanza. Sono stati sospesi i servizi di docce e lavaggio e il numero di volontari che assistono i senza dimora si è ridotto, a causa delle limitazioni negli spostamenti. Il Covid-19 ha insomma accentuato la solitudine e la fragilità di chi vive in strada, in parallelo a una criminalizzazione di questa condizione.

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